Forse siamo al punto di svolta. Si accende una speranza per il Castello di Sammezzano, capolavoro di architettura orientalista abbandonato che sorge nella frazione di Leccio a Reggello (FI). Ieri, il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, rispondendo nell’Aula del Senato a un’interrogazione del senatore Dario Parrini (Pd) ha dichiarato che il Castello di Sammezzano “è compatibile, in linea di principio, con il generale indirizzo adottato dal Ministero sin dall’insediamento del Governo in carica; un indirizzo affermato con riferimento al caso di Villa Verdi a Sant’Agata di Villanova sull’Arda”.

La storia del Castello da capolavoro ad albergo-ristorante
Tenuta di caccia in epoca medicea, il suo attuale aspetto si deve al marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, che inizia a lavoraci dalla metà dell’Ottocento. Alla sua morte nel 1897 passa alla figlia Marianna, che muore nel 1919. Dichiarato nel 1927 di “particolare interesse pubblico”, nel 1955 viene ceduto alla società “Sammezzano S.r.l.”. Poi, nei primi anni ’70, la trasformazione in un albergo-ristorante, assetto che mantiene fino agli anni ’90. Chiuso da oltre 30 anni, a partire dal 2012 è accessibile grazie a una serie di (gettonatissime) visite guidate organizzate dal Comitato FPXA; poi nel 2016 chiude le porte. Nel mezzo, anni di aste deserte, esposti, appelli, campagne per far sì che Sammezzano non fosse lasciatato all’abbandono e al degrado.
Per Sammezzano una nuova possibilità con riserva
Quanto detto da Mazzi apre quindi alla prospettiva di vederlo di nuovo aperto al pubblico da cui è amatissimo: è luogo del cuore del Fai nel 2022 e nel 2016, anche grazie all’attività di sensibilizzazione portata avanti dal movimento civico “Save Sammezzano”. Tuttavia, ha aggiunto Mazzi: “sebbene il valore storico, artistico, monumentale, culturale del Castello di Sammezzano sia ben noto al MiC, occorre tenere conto come l’acquisizione di beni privati da parte dello Stato non possa rappresentare in via generale una soluzione ai problemi gestionali dei beni culturali di appartenenza privata. Inoltre, secondo il generale principio di indifferenza proprietaria dei beni di riconosciuto interesse culturale, la natura pubblica o privata della proprietà di un bene non implica alcuna conseguenza in termini di tutela del bene stesso: pubblico o privato che sia, ciascun proprietario è tenuto a garantirne la conservazione”.
Parrini, soddisfatto a metà, rilancia l’urgenza di un’acquisizione pubblica
Si apre quindi un nuovo capitolo per la travagliata storia del castello, su cui anche il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi si era espresso a favore di un impegno dello Stato sul castello e candidando Sammezzano a luogo dove ospitare opere conservate depositi degli Uffizi.. “Parzialmente soddisfatto” della risposta di Mazzi si è dichiarato Parrini: “il valore del bene architettonico del Castello di Sammezzano, è enorme e riconosciuto da tutti. È il più grande esempio di arte orientalista nel nostro Paese: si tratta di un bene culturale preziosissimo, che da quarant’anni versa in stato di sostanziale abbandono ed è in mano una proprietà che è sorda a qualsiasi richiamo della Soprintendenza e delle autorità preposte a garantire una manutenzione adeguata di un bene architettonico di questa rilevanza. Credo che la sua acquisizione al patrimonio pubblico sia urgente”.
Le meraviglie del Castello di Sammezzano

Immerso in uno splendido parco dove svettano numerose sequoie, tra cui la cosiddetta “Sequoia Gemella” che coi suoi 53,96 metri è il secondo albero più alto d’Italia, il Castello di Sammezzano rappresenta la più importante opera orientalistica d’Europa. Sull’onda della corrente culturale definita “Orientalismo” che si diffuse in tutta Europa dall’inizio dell’Ottocento, Ferdinando Ximenes iniziò a infatti modificare la struttura esistente e realizzare nuove sale: la Sala d’ingresso nel 1853, nel 1862 il Corridoio delle Stalattiti, la Sala da Ballo nel 1867 fino alla Torre centrale che riporta scolpita la data del 1889. Le numerose sale del Castello di Sammezzano, in particolare quelle del piano nobile, consentono di realizzare un viaggio virtuale tra Cina, India, Arabia e Spagna, attraverso i decori che richiamano capolavori architettonici di arte moresca come l’Alahambra e il Taj Mahal.
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