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Home » Cultura » San Casciano dei Bagni, una nuova scoperta a cinque metri di profondità. Statue, oro e serpenti

San Casciano dei Bagni, una nuova scoperta a cinque metri di profondità. Statue, oro e serpenti

Dicembre 4, 2024 da redazione Lascia un commento


L’estensione delle indagini e l’ampliamento dell’area di scavo nel santuario del Bagno Grande ha portato tra giugno e ottobre al rinvenimento del temenos

Due corone, gioielli, casse di monete. Insieme a nuove statue di bronzo restituite dal fango, è l’oro l’ultima sorpresa di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena.

L’estensione delle indagini e l’ampliamento dell’area di scavo nel santuario del Bagno Grande ha portato tra giugno e ottobre al rinvenimento del temenos, il muro di recinzione dello spazio sacro, che racchiudeva più edifici tra i quali il tempio costruito attorno alla grande vasca sacra. Un edificio più antico, o forse un grande recinto, costruito in blocchi di travertino, già in età etrusca circondava la sorgente del Bagno Grande, definendo lo spazio sacro del culto, almeno dal III secolo a.C.

San Casciano dei Bagni un museo al cielo aperto

Lo scavo ha ora messo in luce gran parte della vasca più antica, che fu poi ricostruita tra i regni degli imperatori Tiberio e Claudio, forse a seguito di un prodigio associato alla caduta di un fulmine. Se all’esterno del tempio sono stati portati alla luce gli strati di vita e, soprattutto, i resti di doni e cerimonie che avvennero nel corso dei secoli, con deposizioni di lucerne, unguentari di vetro, bronzetti votivi, ex voto anatomici in terracotta dipinta e perfino foglie d’oro, è all’interno della vasca sacra che la stratificazione dei doni votivi continua a restituire un contesto assolutamente unico, protetto dall’acqua termale e dal fango argilloso. Dopo un complesso lavoro di gestione dell’acqua proveniente dalla sorgente, alla profondità di quasi 5 m, lo scavo ha raggiunto nuove sequenze stratigrafiche.


Quattro nuove statue e poi braccia, teste votive e gambe iscritte

Ancora una volta sono le offerte in metallo pregiato a costituire l’elemento caratterizzante del deposito votivo. Quattro nuove statue e poi braccia, teste votive e gambe iscritte, assieme a strumenti del rito, come un’elegante lucerna, o un piccolo toro in bronzo, a richiamare quel mondo agro-pastorale così importante in questo contesto e già rappresentato dal bassorilievo all’interno della vasca sacra. E ancora monete di età repubblicana e imperiale, ormai più di 10.000, rinvenute nel santuario del Bagno Grande. Ma accanto al bronzo, il rinvenimento di una corona e di un anello d’oro si associa alla moltiplicazione di aurei romani. Sono metalli preziosi, tra cui gemme, ambra e altri gioielli, che legano il dono per le capacità terapeutiche delle acque calde alle pratiche divinatorie che nel santuario dovevano certamente trovare il loro fulcro.

Le nuove, eccezionali iscrizioni rinvenute sono in Etrusco e in Latino. Appaiono voti che recano il nome etrusco di Chiusi, Cleusi, accanto a dediche alle Ninfe e alla Fonte calda, Flere Havens in Etrusco, giuramenti sulla Fortuna e sul Genio dell’Imperatore. Un eccezionale corpo nudo maschile è offerto esattamente a metà, come reciso dal collo ai genitali da un taglio chirurgico.

Dedicato da un Gaio Roscio alla Fonte Calda, questo mezzo corpo testimonia forse la guarigione della parte immortalata nel bronzo. Un bimbo augure, un piccolo sacerdote della fine del II secolo a.C., con una lunga iscrizione in etrusco sulla gamba destra, reca nella mano sinistra una palla, con i classici pentagoni cuciti, che ancora ruota tra le dita: forse un elemento divinatorio, da far ruotare in un rito.

Il gesto dell’offerente è reso da una statua femminile, quasi identica a quella rinvenuta nel 2022, con eleganti trecce che ricadono sul petto e deposta su un lato. Le teste votive sono ritratti eleganti protoimperiali, con la prima dedica in Latino alla fonte, sul collo di una testa, i cui tratti sembrano quasi ricordare Cesare, che menziona anch’essa la Fonte.

Uova intere e praticamente integre

Nella stratificazione del deposito – che fu rapida, come ci suggerisce la conservazione di migliaia di frammenti di uova in alcuni casi rinvenute intere, o praticamente integre con il tuorlo ancora visibile all’interno, la cui deposizione rimanda ai riti di rinascita e rigenerazione – si alternano strati di offerte, scaglie di travertino e piani d’argilla.

E ancora pigne, rametti tagliati e decorati con intrecci vegetali, a ricordare come le acque salutifere debbano essere in qualche modo “nutrite” dalla forza rigenerante della natura. Alla base di grandi tronchi lignei, infissi in verticale nel deposito, in uno dei punti focali della vasca più antica, lo scavo ha portato alla luce una serie di serpenti in bronzo, concentrati nella profondità del deposito.

Di forme diverse, presentano misure di scale differenti: dai piccoli serpentelli ad un esemplare di oltre 90 cm, quasi la mensura honorata, la misura perfetta di tre piedi romani, barbuto e cornuto. Si tratta, con ogni probabilità, di un serpente agatodemone, il più grande ad oggi rinvenuto – se ne conoscono in bronzo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e al British Museum a Londra – protettore della sorgente e detentore di un ruolo fondamentale nelle pratiche divinatorie, come si può osservare in molti altri contesti del Mediterraneo antico.

La varietà delle offerte votive, che ricalca quanto già emerso nel 2022 e, allo stesso tempo, lo arricchisce e lo completa, offre uno squarcio ulteriore sul significato e suo ruolo di questo luogo di culto e cura, dove il rapporto col sacro, tra umano e divino, è forse percepito come diretto, quasi affidato allo continuo scorrere delle acque calde e al genius loci nella forma del serpente agatodemone.

Archiviato in:Cultura, Primo piano Contrassegnato con: Siena, Toscana

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